Contrordine, la gente è stupida

Non fa una grinza.

Questo per dire che il problema del fan trumpiano non è tanto il credere ciecamente alle stupidaggini che gli propina il suo idolo, quanto avere un cervello che non gli permette nemmeno di riconoscere una banale contraddizione logica all’interno dello stesso discorso, cioè un cervello la cui memoria si azzera ogni quindici secondi. In confronto la scheda elettronica di una lavatrice è Einstein.
Contrordine, la gente è stupida – In coma è meglio

La Rivoluzione francese e noi

Sono trascorsi più di due secoli dal 1789 e ancora se ne discute. Perché la Rivoluzione non smette mai di parlare del presente.

Sono esempi che ci suggeriscono non solo che non tutto è stato detto, sulla Rivoluzione, ma anche che non tutti gli esperimenti del decennio rivoluzionario sono falliti, come sostiene Gueniffey. Alcuni potrebbero essere ancora in attesa del loro momento: cosicché, invece di parlare di “storia” della Rivoluzione, potremmo parlare del suo futuro. In un suo recente libro, Futuri possibili (2019), la sociologa Vincenza Pellegrino racconta di una sua visita a un’esposizione a Parigi dedicata alla Comune del 1871. Di fronte alle istanze modernissime dei comunardi, l’autrice si chiede se “quello che vediamo nella mostra è il nostro passato o il nostro futuro”. E raccoglie l’impressione di una ragazzina di scuola all’uscita dalla mostra: “… Sembra una battaglia che dura ancora oggi… Cioè, sembrano tutti morti, che il loro sogno era impossibile, troppo bello per essere reale. Ma poi sembra anche che magari erano solo in anticipo”. Forse erano gli stessi pensieri dei comunardi rispetto al precedente della Grande Rivoluzione, così come i bolscevichi credettero di realizzare il sogno dei giacobini; cosicché avrebbe ragione Furet, e il loro fallimento ha sancito il fallimento di ogni esperimento rivoluzionario. Oppure, come risponde Pellegrino alla ragazzina all’uscita dalla mostra, “magari questi qui non hanno né vinto né perso. Magari la partita è in corso e la giochiamo noi”.
La Rivoluzione francese e noi – il Tascabile

Matrimonio saltato per colpa del lockdown? Tanto meglio

Io lo dico da sempre: bisognerebbe abolirlo.

Eppure manteniamo tradizioni solo apparentemente necessarie. La più diffusa risposta collettiva nella strada verso la parità di genere è stata che, al momento della dichiarazione pubblica d’amore e impegno più importante della vita, le donne si vestono come componenti di secondo rango della famiglia reale russa dell’ottocento e gli uomini come camerieri di navi da crociera. Immagino sia giusto cominciare ogni fase importante della propria vita con la consapevolezza della propria ridicolaggine, ma è evidente che devono esserci dei limiti.
Matrimonio saltato per colpa del lockdown? Tanto meglio – Internazionale

Giorello: La scienza antidoto al fanatismo

Pensieri e parole che non invecchieranno mai.

Quanto alla credenza nel soprannaturale, riconosco che attribuire a Dio o agli dei la causa di fenomeni che ci appaiono inspiegabili è antica quanto il mondo e nasce anch’essa da un bisogno di spiegazione di ciò che maggiormente ci colpisce. Non è però recitando un qualche «credo» che si affrontano con successo le grandi sfide scientifiche del nostro tempo, in fisica o in biologia. Bisogna dunque essere chiari su un punto preciso: qualunque siano le proprie convinzioni personali, chi fa parte della comunità scientifica internazionale non deve mai e poi mai essere disposto a rinunciare in nome di una qualsiasi credenza religiosa al cannocchiale di Galileo o agli acceleratori di particelle. Ritengo, infine, che questa sia oggi una condizione irrinunciabile per un mondo come quello della scienza e della tecnologia che è riuscito a realizzare, seppur con non poche «contorsioni» una profonda unità spirituale, ben superiore a quella tentata senza successo da troppi «folli di Dio».
Giorello: La scienza antidoto al fanatismo – MicroMega

Giorello alla Statale

Il ricordo di un grande Maestro.

Ascoltando Giulio Giorello – il suo nome buffo, i suoi occhiali spessi e i suoi farfuglii – chi voleva capire capiva che l’importante non sarebbe mai stata la verità di un’ideologia, ma il piacere di una scoperta: che il piacere dell’intelligenza è la sola spinta che ti può fare capire le cose, per un istante, prima che la realtà si rifranga di nuovo in un cumulo di macerie insensate. Quel gioco era l’unica strada possibile, l’unico spiraglio ancora libero per chi volesse ancora provare a pensare. Tra cielo e terra non esisteva nulla, per quanto insulso apparisse, da non meritare curiosità.
Giorello alla Statale – Il Post

I giorni delle statue

Luca Sofri si chiede – legittimamente – perché alcuni dovrebbero avere il diritto di abbattere alcune statue ma non altre. E se invece le abbattessimo tutte?

Le statue, altrimenti, sarebbe proprio meglio non farle. Le vite di molte persone hanno cose nobili ed eccezionali che è giusto considerare tali e ammirare, ma lo si può fare tranquillamente e meglio senza statue: quelle persone non ne hanno bisogno – sono morte – e le statue servono in modesta parte a tramandare degli esempi e dei modelli in maniera sbrigativa ed efficace. Ovvero dire a tutti “questa cosa che questa persona ha fatto è una cosa buona, da imitare e prendere a modello”: allo stesso modo con cui lo può fare in maniera più approfondita e meno efficace un libro, un insegnamento scolastico, o la sua stessa opera palesemente ammirevole. Le statue sono una forma di informazione, ma straordinariamente superficiale e pigra. Sono anche una rivendicazione, un’esibizione di appartenenza, per alcuni: poter segnare un punto per quello che la statua rappresenta, spesso in contrapposizione ad altro – una conquista patriottica, una grandezza scientifica, una bravura letteraria – e che si condivide. Ma queste sono inclinazioni che sarebbe utile disincentivare invece che incentivare, quelle di usare ogni cosa per segnare un punto per sé e per il proprio apparato di espressioni di sé.
I giorni delle statue – Wittgenstein

Montanelli e le accuse che nemmeno la sua penna riuscirebbe a ribattere

Che era stato pedofilo e razzista già si sapeva. Che avesse continuato a esser fascista è ben continuare a ribadirlo e a documentarlo.

Tutto questo può definirsi un simbolo di libertà, un esempio per l’Italia, una figura da idolatrare con simboli fisici come può essere una statua? La risposta è no, e lo è ancora di più oggi, nelle settimane in cui finalmente la sollevazione antirazzista partita dagli Stati Uniti con la morte di George Floyd ha assunto un carattere globale. La statua di Montanelli, già ingombrante in una città a cui piace raccontarsi come paladina dei diritti civili e che peraltro ha fatto erigere quella statua solo una manciata di anni fa, diventa ancora più ingombrante oggi. Se la statua vuole raccontarci il lato eccezionale del giornalista Montanelli e farne un’icona, la sua imbrattatura fa parte dello stesso processo di analisi del personaggio, un’analisi critica volta a svelarne i lati oscuri. La statua sporcata di rosso che abbiamo visto nelle scorse ore è allora forse il miglior modo di consegnare alla memoria la figura di Indro Montanelli: una persona che ha fatto la storia culturale dell’Italia del Novecento, ma una persona con tante macchie indelebili.
Montanelli e le accuse che nemmeno la sua penna riuscirebbe a ribattere – Wired